DISC JOCKEY '70 / '80



Larry Levan nasce a Brooklyn New York il 18 Luglio 1954, figlio di una casalinga, Minnie Levan, la quale non si sposò mai ed è per questo oltre al fatto che Larry Levan suonava decisamente bene che decise di mantenerne il cognome.

Divenuto grande amico di Frankie Knuckles che sarebbe diventato insieme a Lui uno dei più famosi DJ di tutti i tempi Larry iniziò a mixare a 15 anni nel locale sito nell'attico di uno dei primi DJ della storia (il "The Loft" di David Mancuso). In quegli anni Larry cominciò a sperimentare nuove tecniche di mixaggio perfezionate sia al "The Loft" che al "Continental Baths" dal 1973, dove iniziò come addetto al mixer luci e poi come DJ resident.
Lavorò anche per un locale di
Broadway il "The Soho Place", mentre dal 1976 si trasferì al locale fondato dall'amico Michael Brody il " Reade Street". Dopo la chiusura i due aprirono quello che diventò un locale storico: il "Paradise Garage" al n° 84 di King Street a New York. Ed è proprio al "Garage" che Larry entra nella leggenda. Il locale era veramente stato in passato un garage adattato a club, la caratteristica veramente unica era l'impianto audio di qualità tale da garantire una perfetta acustica in tutti gli angoli della sala.

Alla fine degli anni settanta iniziò ad interessarsi fra i primi all'arte del Remix dove fra i lavori più conosciuti troviamo: I got my mind made up degli Instant Funk, Ain't nothin'goin on but the rent di Gwen Guthrie, Give your body di Billy Nichols, Skyzoo degli Skyy, Heartbeat di Taana Gardner e Strong enough cantato dalla mitica Loleatta Holloway.
Negli anni ottanta si stabilì definitivamente al "Paradise Garage"  dove divenne l'inventore del genere "Garage House"; il locale divenne  di sua proprietà e vi si esibirono artisti come Madonna, New Order, Chaka Khan e Jocelyn Brown.

Il Paradise chiuse nel 1987 e Larry Levan continuò la sua carriera in studio come remixer.

Morì nel 1992 a causa di un arresto cardiaco.

Il 20 Settembre del 2004 Larry Levan entra a far parte della "Dance Music Hall of Fame" come riconoscimento alla sua incredibile carriera.

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Daniele Baldelli è stato uno dei primi dee-jay italiani.

 Prima degli anni settanta la discoteca così come la intendiamo oggi non esisteva. Nelle sale da ballo regnava la musica dal vivo. Successivamente, si iniziano a ballare i dischi, in alternativa o come pausa musicale delle orchestre. Ecco esordire i primi dee-jay. Dovevano "metter su" i dischi, semplicemente uno dopo l'altro. Sarà più avanti che riusciranno a sovrapporre uno o più brani, mixare i pezzi.....esprimendo la propria abilità. Diventeranno artisti capaci di giocare con i dischi, anche magistralmente, divulgando tutto il loro sapere. Investendo nella ricerca musicale e nella tecnica. Avventuriamoci insieme in questo affascinante viaggio alla scoperta di

una professione che ha fatto storia.........


E' il 1969. Allora si colloca la nascita professionale di Daniele Baldelli.
Inizia per caso in quell'anno, giovanissimo. Il suo talent scout è il gestore del TANA CLUB DISCOTEQUE di Cattolica. Lo interpella proponendogli di fare il "metti dischi".
Non esistendo al Tana né mixer né preascolto, il suo compito si limitava soltanto a programmare i dischi che erano già stati scelti dal gestore del locale. Si procedeva abbassando il volume del giradischi sul quale girava il 45 giri che si stava ascoltando, e alzando il  volume di un altro giradischi dove era pronto un altro 45 giri. Naturalmente non esisteva il  mixaggio.
Un eventuale spazio vuoto non era rilevante: eravamo agli albori del Dee-Jay. Un  mestiere ancora tutto da inventare.
Daniele Baldelli quindi, non ha modelli a cui fare riferimento, ed in assenza di apparecchiature, che sarebbero arrivate più tardi, cercava di inventarsi qualche metodo per far si che la musica avesse una certa continuità. Non amava insomma  molto quella pausa che c’era tra un disco e l’altro.
Evito di raccontare i particolari folcloristici misti fra leggenda e realtà che potete trovare su altri blog riguardanti i sistemi più o meno empirici utilizzati per poter mixare.
Nel 1970 passa al TABU’ CLUB sempre a Cattolica. La musica che suonava ai tempi, si poteva forse dividere in due grandi branche: la musica Bianca, di provenienza europea, e la musica Nera di provenienza americana. Si parla quasi sempre di 45 giri che costavano allora 600 lire. L’album, che costava 3.300 lire,  era quasi sempre una spesa inutile, perché l’unico pezzo ballabile contenuto usciva su 45 giri. Così in quell’anno si mescolavano dei dischi europei, che erano quasi sempre canzonette allegre e commerciali, con dischi americani soul, rhythm&blues e funky di
artisti quali: Arthur Conley, Joe Tex, Wilson Pickett, James Brown, Rufus Thomas, Lyn Collins, ecc. Naturalmente reperire questo materiale non era sempre facile. Di solito il Dee-Jay si limitava a servirsi dell’unico negozio musicale presente nel proprio paese. Daniele Baldelli, invece prendeva il treno e si  recava a Lugano ( c’era un negozio chiamato Radio Columbia) e qualche volta a Parigi dove riusciva a reperire dischi d’importazione.
Un altro particolare sulle serate in discoteca dei primi anni 70, era che la musica veloce che si ballava come “shake” veniva alternata da lenti. La proporzione era di 5 shake e 5 lenti, poi col passare degli anni, trenta minuti di shake e 3 lenti.
Nel 1974-75 apre LA BAIA DEGLI ANGELI,  un locale che ha sicuramente segnato la storia della discoteca in Italia.
Situato sulla collina di Gabicce (PS), affacciato al mare, una costruzione formata da vari piani comunicanti tra loro di un fascino inimitabile e ve lo posso dire con cognizione di causa perchè "io c'ero" in quanto avendo parenti nella vicina Catolica in estate ero sempre sulla scalinata a godermi la serata. Era una struttura completamente bianca e panoramica con tante particolarità innovative come la consolle del Dee-Jay, costituita da un ascensore dalle pareti di vetro che permetteva al Dee-Jay  di andare dal primo al secondo piano per avere la visuale completa delle varie piste, esterne ed interne.
Un braccio meccanico con gabbiotto (tipo quello per riparare i cavi alta tensione) carico di effetti luce che poteva anch’esso  spostarsi sulle varie piste. La piscina interna (con pista da ballo) ed esterna, una grafica d’avanguardia, orari d’apertura mai visti prima di allora (5 o 6 del mattino), locale illuminato a giorno, assenza di lenti, solo musica d'importazione bellissima e mai sentita (sei mesi più avanti di quella comunemente programmata dai dee-jays della Riviera Adriatica) anche se in contemporanea a Bologna apriva il "Ciak" che parallelamente alla Baia degli Angeli grazie al suo dj MIKI poteva offrire lo stesso tipo di musica ed altissima qualità nel mixaggio a mio parere forse superiore a quella della Baia.
Tornando alla Baia la musica era affidata a due dee-jays  americani: TOM  SEASON E  BOB  DAY  .
La fortuna di esser vicino alla Baia Degli Angeli, di sicuro ha contribuito positivamente sull’evoluzione tecnica del  dj Daniele Baldelli, il quale potè "rubare" segreti ai due americani.
Grande stupore e gioia per Daniele Baldelli quando Bob Day e Tom Season, lo ascoltarono casualmente al Tabù Club un pomeriggio e gli  fecero grandi complimenti. Per poi proporlo al gestore della Baia per sostituirli alla fine del loro contratto – e lasciandogli in regalo la copia, tanto ambita e desiderata, del disco di LOLEATTA  HOLLOWAY  “hit and run” con tanto di dedica e autografo!!!!
Parallelamente fu contattato anche Claudio Rispoli, in arte MOZART.
Così i due si ritrovarono insieme per la grande avventura BAIA 1977/78.

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Il “COSMIC” nasce nel 1979 a Lasize sul Lago Di Garda.
Nelle intenzioni del fondatore era già evidente la voglia di creare qualcosa di alternativo a partite dal logo – dove si vede la scritta “COSMIC”  che avanza in velocità per infrangere un vetro che racchiude simbolicamente un  paesaggio terrestre (spunto preso espressamente da una copertina  dei “Commodores”).
La scelta del Dee Jay  si orienta su Daniele Baldelli che era stato notato nel 1977-1978 alla consolle della “Baia Degli Angeli” di Gabicce (PS). Tutto quindi parte con l’idea che la musica doveva essere l’elemento trainante del progetto.
Inoltre la discoteca, che era omologata per 1.200 persone, aveva una pista da ballo per 700, un impianto luci mai visto prima. Una cosa certamente singolare considerando l’offerta di quel periodo. Il tutto supportato da un potentissimo impianto musicale. L’interesse che ha suscitato la prima sera dell’inaugurazione, la forte affluenza di pubblico, ha fatto sì che la festa inaugurale si ripetesse per le 4 serate successive, registrando ogni notte il tutto esaurito.
Ben presto, la fama del “Cosmic” , si allarga a macchia d’olio e si espande in pochi mesi oltre le province di Verona, Brescia e  Mantova. Il locale nel giro di un anno diventa un punto di riferimento per tutto il “trend” e resta un punto fermo dal ’79 all’84.  Nel parcheggio si notavano targhe automobilistiche da Palermo ad Udine, da Napoli a Torino, da Innsbruck a Firenze. Tutta la “tendenza”  della penisola  si prenotava per un sabato sera al “Cosmic” ansiosa di partecipare ed ascoltare quel fenomeno musicale etichettato come “AFRO”.    Naturalmente, anche se si continua ad usarlo , questo termine era ed è improprio il termine appropriato è semplicemente Cosmic Sound.  A meno che si consideri  l’africanismo come l’unica matrice  che influenzava le varie proposte musicali di Daniele Baldelli .
Infatti , anche se si possono distinguere vari periodi  nella storia del “Cosmic” (da quello del Funky – Disco del primo anno e quello prettamente elettronico del 1980-82 e a seguire i momenti più influenzati  dal Reggae, dal Fusion, dal Jazz, dal Brasile) Daniele Baldelli si esprimeva al massimo suonando il Bolero di Ravel sovrapponendolo ad un brano degli Africa Djole, oppure un pezzo sperimentale di Steve Reich sul quale mixava un canto Malinke della Nuova Guinea, mixando i T-Connection con Moebius e Rodelius, scoprendo nell’album  Izitso l’unico brano ipnotico- tribale di Cat Steven, estraendo l’africa dai Depeche Mode suonandoli a 33 giri o viceversa facendo diventare musica una voce reggae suonata a 45 giri, mixando una ventina di brani africani su uno stesso pattern di batteria elettronica o suonando insieme una batucada con Kraftwerk, usando gli effetti elettronici di un sintetizzatore per sovrapporli a brani di Miram Makeba, Jorge Ben o Fela Kuti- o ancora accostando le melodie indiane di Hofra Haza o Sheila Chandra con le sonorità elettroniche della SKY RECORD tedesca.
Si può dire che, senza accorgersene, Daniele Baldelli sia stato uno dei precursori di tutto quello che è il lavoro del Dee Jay – iniziando nel 1969, quando si era alla preistoria fino ad inventarsi l’utilizzo in discoteca della batteria elettronica, di sintetizzatori e dei primi campionatori che avevano solo 4 secondi di memoria.
Un’altra particolarità del “Cosmic”  era l’equalizzatore, che veniva usato come strumento musicale, intervenendo ritmicamente su tasti e cursori si manipolavano le varie frequenze creando accentuazioni su un “Cymbal” o su una voce, su un basso. Oppure si esasperava al massimo un intervento di tastiera stravolgendo o caricando così il brano che sembrava remixato dal vivo.
Il mixaggio spettacolare in molti casi era un’altra caratteristica e quasi  una “fissa”  di Daniele Baldelli che spendeva letteralmente il suo tempo all’ascolto dei suoi dischi (che oggi sono circa 60.000) per trovare gli accostamenti migliori o i punti dove i brani sovrapposti ne creano un terzo.

Per la cronaca dobbiamo anche dire che al Cosmic alla console era quasi sempre in coppia con TBC altro dj storico.
  
Il “Cosmic” chiuderà purtroppo i battenti nel 1984.   

1 commento:

Ciao,
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Roberto